martedì 28 maggio 2013

ADDIO MADE IN ITALY





Come propone il nostro il nostro blog, intendiamo suggerire e fornire dati che dimostrino la necessità di creare una nuova comunità, staccata dall'Europa, basata su una interconnessione di rapporti economici-culturali all'interno dell'area del Mediterraneo. Ed uno di questi dati "allarmanti" è la crisi e la svendita delle numerose aziende italiane a proprietari esteri.

Innanzitutto, vogliamo chiarire che non imputiamo tutta la "colpa" allo Stato Italiano, ai troppi sprechi o negligenze dell'amministrazione pubblica: in prima analisi perchè ci risulta che l'Italia negli ultimi anni sia in avanzo primario (il bilancio primario italiano si aggira su un avanzo del 3% nel 2012 e del 4% nel 2013). Quindi sarebbe fattibile ed auspicabile diminuire la pressione fiscale e aumentare la spesa pubblica. L'unica ragione per cui l'Italia applica l'austerity è il pagamento degli interessi sul debito passato (e vedremo più avanti le cause).
Inoltre non condividiamo nemmeno gli attacchi alla Costituzione, molte volte ribattezzata "sovietica", perchè come afferma l'artcolo 41 della nostra Carta: "L'iniziativa economica privata è libera. Non puo' svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perchè l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata ai fini sociali". Quindi non si pone in contrasto con l'attività imprenditoriale ma ne regola e controlla semplicemente il chiaro svolgimento.
Riteniamo, invece, che la vera "svendita all'estero" delle industrie italiane si debba far risalire, prima di tutto, allo storico "divorzio" tra Banca d'Italia e ministero del Tesoro avvenuta nel luglio del 1981. Il quale eliminava l'obbligo, prima gravante sulla Banca d'Italia, di sottoscrivere i titoli del debito pubblico che non erano stati assorbiti dal mercato. L'uomo che sancì questa scelta tragica per l'Italia fu Carlo Azeglio Ciampi (allora governatore della Banca d'Italia) con il plauso di altri personaggi politici come Beniamino Andreatta (allora ministro del Tesoro) portando il debito pubblico, nel giro di pochi anni, fuori controllo e allontanandoci da altri paesi europei quali Germania e Francia. A questo punto assistiamo ad una strategia, definita "terapia d'urto", per rimediare all'errore clamoroso, iniziando così un inesorabile ed incontrollabile privatizzazioni delle imprese nostrane: ENI, IRI, Cariplo e molte altre.
Inseguito, vi è un'altra "tegola" che arriva sulla testa degli italiani (e di altri paesi vedi Grecia, Portogallo ecc.) e cioè la stipulazione del Trattato di Maastricht (adesso evoluto nel Trattato di Lisbona), entrato in vigore nel 1° novembre 1993. Esso contribuì a gettare le basi per l'avvio dell'Unione Europea, a creare una moneta comune unica ed in particolare a fissare alcuni parametri economici che gli stati avrebbero dovuto rispettare per entrare nell'Unione relativi al tasso d'inflazione e al rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo (Pil). L'Italia decise fin da subito di entrare a far parte dell'Unione Economica Monetaria e con l'accordo del luglio 1993, sempre grazie al simpatico Carlo Azeglio Ciampi (in quel periodo Presidente del Consiglio), avvenne la riduzione della spirale inflazionistica attraverso una moderazione salariale, degli investimenti innovativi, della produttività e poi di novità legislative introdotte nel mercato del lavoro come la flessibilità del lavoro. Il motivo per cui vi fu questa "svendita" era per fare cassa, tentando di rispettare i vincoli fiscali di deficit al 3% e debito pubblico al 60% del Trattato, aspirando così ad una entrata definitiva alla moneta unica negli stessi tempi degli altri paesi. Il governo si focalizzò principalmente sulla cessione di partecipazioni delle imprese statali nei settori della telecomunicazione e della fornitura d'energia anche se poi, passando gli anni, pubbliche o private che fossero le aziende vennnero tutte cedute ad attori stranieri. L'accordo del 1993 ha, inoltre, fatto diminuire il livello della domanda aggregata italiana causata da una riduzione dei consumi che a sua volta è generata dal sensibile calo della quota dei salari sul Pil e dall'abbassamento della spesa pubblica con conseguente creazione di posti di lavoro precari. Questa politica economica (fino ad oggi) non ha sostenuto la domanda interna, la competitività internazionale ha mirato solo a tagliare i costi senza investire, la produttività del lavoro non è cresciuta e l'esportazioni non erano più sufficienti per far fronte alla domanda aggregata e mantenere una dinamica positiva del Pil. Infine vi è il colpo finale che consiste in un aumento spropositato della pressione fiscale (la più alta d'Europa) che ha esasperato milioni d'imprenditori italiani.
Quindi come accennavo all'inizio non ce la sentiamo di addebitare la causa del declino tutta allo Stato Italiano ma bensì, all'assenza per lo Stato di un prestatore di ultima istanza (Bankitalia) e alle direttive dispotiche generate dal Trattato di Maastricht e dall'Unione Europea. Ovviamente è da tenere a mente anche il passaggio dalla lira all'euro, le enormi quantità di denaro trasferite all'UE per i salvataggi dei paesi in difficoltà e i vari Patti di stabilità e di bilancio ma sono argomenti che tratteremo più avanti. Per il momento era di nostro interesse far capire a grandi linee l'origine della "svendita" agli stranieri del Made in Italy e l'inevitabilità del suo declino se continueremo a percorrere questa strada.

Ecco qui di sotto l'elenco di alcune aziende italiane passate sotto il controllo di proprietari stranieri:

Marchio                      Settore         Proprietà                Paese

Buitoni                          alimentare     Nestlè                      Svizzera
Motta                                "                  "                                "
S.Pellegrino                       "                  "                                "
Galbani                              "              Lactalis                   Francia
Parmalat                            "                  "                               "
Bertolli                               "              Sas Cuertara           Spagna
Gucci                            moda            Ppr                        Francia
Valentino                           "               Permira                  Gran Bretagna
Fastweb                        telecomun.   Swisscom                Svizzera
Wind Telecomunicaz.         "              Vimpelcom               Russia
Fiat Avio                       tecnolog.       BCV investments      Lussemburgo
Fiat ferrovia                       "               Alstom                    Francia
Loquendo                          "               Nuance                   Usa
Ducati                            motori          Audi                      Germania
BNL                              banche         BNP Paribas            Francia
Costa Crociere               turismo       Carnival Corp.           Usa
Ferretti Group                 Nautica       Shandong H. I.         Cina

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